I limiti del nostro vivere
Augusto ha quasi trenta anni e da circa quattro lavora in un’azienda prestigiosa in cui svolge un ruolo di responsabilità. Pur non essendo il lavoro che aveva sognato sente di essere molto fortunato rispetto a molti altri giovani che fanno fatica a trovare un’occupazione.
Con la moglie Sara hanno costituito una famiglia dove da poco è arrivato il piccolo Ettore a cui stanno dedicando tutte le energie possibili. Finito il periodo di maternità Sara deve rientrare a lavoro per cui al mattino deve accompagnare il piccolo Ettore al “nido”, mentre nel pomeriggio è Augusto ad andare a riprenderlo.
A fine mese l’affitto della casa, le bollette di luce, acqua, gas, sommate alle rate per il finanziamento per l’acquisto dell’auto per Sara, il costo dei pannolini e di tutte le esigenze che una nuova vita impone in questa società, stanno diventando pesanti e a volte gli stipendi sono insufficienti a coprire le spese. Per questo motivo nel tardo pomeriggio appena rientra Sara, Augusto da delle lezioni di recupero in fisica e matematica ad alcuni studenti. Nei week end i giovani sposi riescono a rimettersi in pari con le pulizie di casa, lavatrice, e quegli impegni rimandati durante la settimana.
L’azienda presso cui lavora Augusto gli propone un avanzamento di carriera, ma questo richiede un maggiore impegno in termini di orari ed energie, cosa fare? Chi può andare a prendere il piccolo Ettore? Rinunciare ad un aumento di stipendio interessante quanto utile? D’altra parte i rispettivi genitori abitano in un’altra città e raramente possono dare una mano oltre agli aiuti finanziari che non bastano mai.
Un piccolo spaccato che descrive la vita media di una giovane famiglia nella realtà sociale odierna, per Augusto e Sara, quello che sembrava un sogno da realizzare sta diventando un peso da affrontare giornalmente da cui sembra non esserci via di uscita.
I due giovani stanno andando “sotto stress” ed in maniera diversa iniziano a somatizzare le emozioni indotte dalle difficoltà sullo stomaco, sull’intestino, sulla schiena, sul sonno ed il riposo in mancanza dei quali aumenta la stanchezza.
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Maurizio, Marco e Clara, raccontano le difficoltà di vivere con stipendi bassi e affitti alle stelle. Essi lavoravano tutti e tre per la stessa cooperativa di servizi educativi, ma due di loro hanno già dato le dimissioni, il terzo lascerà alla fine di quest’anno scolastico. Ventidue, trentadue e quarantadue anni, neanche a farlo apposta, le loro situazioni personali sono molto diverse. Maurizio vive ancora con i genitori: «Solo per questo riesco ad arrivare a fine mese» dice. Marco vive con la fidanzata «ma a Bologna non ce la facciamo più. Ci diamo un’altra chance, fino a fine anno, dopo di che penso che torneremo in Molise», di dove lui è originario. Anche la fidanzata, infatti, ha lavori precari nella ristorazione: «Siamo venuti a Bologna per studiare all’Università, carichi di belle speranze. Dopo più di 10 anni ci ritroviamo insoddisfatti, precari, non facciamo quello per cui abbiamo studiato e, anzi, le stesse cose, per lo stesso stipendio, potremmo farle anche “giù”. Con la differenza che, in Molise, la vita e, soprattutto, le case, costano meno e avremmo l’aiuto delle famiglie se volessimo fare un figlio: per questo pensiamo di tornare a vivere là» racconta un po’ sconsolato.
Clara è sposata, ma non ha figli e racconta: «Siamo entrambi precari della scuola, guadagniamo meno di 900 euro al mese per cui ci ingegniamo con altri lavoretti per riuscire a pagare l’affitto e non ce la sentiamo di mettere su famiglia».
Due spaccati di vita che descrivono la condizione di moltissime persone (un numero in costante ascesa) che vivono al limite della soglia di povertà o sotto a quella soglia e ciò impedisce loro di vivere una vita “decente” degna di essere vissuta.
Tutti noi programmiamo la nostra vita su dei modelli preordinati con limitati margini di scelta, questo determina inevitabilmente conflitti interiori che si trasformano in tensioni somatiche e nel tempo in patologie più o meno importanti.